Sacerdote ed educatore italiano. Dopo aver frequentato l'Accademia di Brera di
Milano, nel 1943 entrò in seminario a Firenze. Iniziò la sua
attività pastorale nel 1947 presso la parrocchia di San Donato di
Calenzano, alla periferia di Prato; qui fondò una scuola popolare per
giovani, operai e contadini, basata sull'insegnamento linguistico e sul libero
dibattito. L'impegno politico-sociale di
M., la sua aperta denuncia
contro l'organizzazione scolastica italiana, giudicata selettiva e antipopolare,
gli attirarono presto le critiche della gerarchia ecclesiastica e il
trasferimento a Sant'Andrea di Barbiana, nel Mugello. Convinto dell'importanza
della cultura e dell'educazione per favorire il processo di emancipazione degli
strati sociali meno abbienti,
M. continuò anche nella nuova sede
l'attività di educatore, fondando una scuola popolare post-elementare.
Nel 1958 pubblicò il libro
Esperienze pastorali, in cui era
documentata la sua attività pastorale ed educativa a San Donato. L'opera
fu accolta come un libro rivoluzionario, una sorta di manifesto della nuova
avanguardia cattolica; in essa
M. denunciava, tra l'altro, lo
sfruttamento del lavoro minorile nelle aziende tessili di Prato, accusando di
aperta collusione il clero locale. Nonostante l'
imprimatur
dell'arcivescovo di Firenze, il libro fu condannato dal Sant'Uffizio e ritirato
dalla circolazione.
M. non si lasciò intimorire e continuò
il suo esperimento di scuola popolare condotta con criteri rigorosamente non
classisti. Nel 1965 fu deferito alla Magistratura sotto l'accusa di apologia di
reato per aver diffuso una
Lettera aperta, indirizzata ai cappellani
militari della Toscana, in cui prendeva posizione a favore dell'obiezione di
coscienza. La sua passione rimase tuttavia la scuola: usciva così, nel
1967,
Lettera a una professoressa, redatta dagli allievi sotto la guida
del maestro morente, considerata il suo testamento spirituale. Al termine di un
accurato lavoro di ricerca, i "ragazzi di Barbiana" dimostravano quanto
l'origine di classe pesasse sulla discriminazione in atto nella scuola italiana,
e come in una scuola così strutturata fossero inevitabilmente i poveri a
essere tagliati fuori dall'accesso, oltre che all'istruzione superiore, alla
cultura nel senso più vasto del termine (Firenze 1923-1967).